Nella Catania dell'ultimo ventennio del secolo decimonono agiva un manipolo di artisti — letterati e pittori, poeti e musi­cisti — che, tra persistenze tardoromantiche e tensioni inno­vative, riproponevano argomenti, situazioni, personaggi e modalità espressive già sperimentati nella penisola e larga­mente fruiti nell'ambito dell'avanguardia metropolitana ot­tocentesca. Erano gli artisti di una domestica e provinciale boheme, attratti dalle audacie eversive della scapigliatura, che essi però "normalizzavano", riportando nei binari della tradizione culturale italiana le isotopie del dissenso antibor­ghese e dello scompaginamento dello stile codificato dei maestri (su tutti 1'odiosamato Manzoni).

Di questi "scapati" meridionali (catanesi, ma anche palermi­tani, calabresi, napoletani), il volume ricorda i nomi spesso ormai rimossi, i travagliati percorsi esistenziali, l'operosità contraddittoria e convulsa, così tracciando la mappa di una non trascurabile — seppur meno nota — sezione della magma­tica cultura etnea a cavallo tra due secoli, sempre in bilico tra il rispetto per i modelli canonici e il miraggio della novità tematica, strutturale, linguistica e formale.