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ANIMA E CORPO NELLA FILOSOFIA MEDIEVALE
Atti del Convegno di Studi - Catania 19 ott. 2015
Anno: 2017
Pagine: 176
Prezzo: € 15,00
ISBN: 9788899775193
Codice catalogo: 617
Ambito di ricerca: Filosofia
 INDICE
 
·        Prefazione (Andrea Vella)
·        Soul and body in the reflection on man’s ages contained in the William of Conches’ Glosae super Platonem (Concetto Martello)
·        Perception and Dualism ( José Filipe Silva)
·        Tommaso d’Aquino e il mind/body problem (Fabrizio Amerini )
·        Gli stati comuni ad anima e corpo nel commento al De sensu di Tommaso d’Aquino (Andrea Vella)
·        La materia come altro dallo spirito nel dibattito francescano dell’inizio del XIV secolo (Antonio Petagine)
·        Uomo naturale e uomo separato. Il difficile ruolo del corpo nella teoria della conoscenza di Meister Eckhart (Alessandra Beccarisi)
·        Postfazione. Il rapporto anima/corpo come punto di vista sulla filosofia medievale (Concetto Martello)
 
 
Prefazione
 
I contributi raccolti nel presente volume affrontano il tema della teorizzazione medievale dei rapporti tra anima e corpo da punti di vista diversi. Diversi sono infatti gli autori e i periodi storici trattati nei diversi saggi, perché si spazia da Guglielmo di Conches (1085 ca.-dopo il 1154) a Landolfo Caracciolo (-1351), passando per autori quali Bonaventura (1217 ca.-1274), Tommaso d’Aquino (1224/5-1274), Giacomo da Viterbo (1255 ca.-1307/8), Guglielmo di Ware (fl. 1290-1305), Pietro Aureolo (1280 ca.-1322), Meister Eckhart (1260 ca.-1328) e Francesco della Marca (1295 ca.-dopo il 1344). Variegati sono, soprattutto, i punti di vista a partire dai quali i diversi studiosi guardano al problema del rapporto tra anima e corpo. Per fare solo qualche esempio, Antonio Petagine sottolinea l’aspetto metafisico del problema, mettendo in evidenza come Francesco della Marca consideri l’amore e la cognizione accidenti della sostanza spirituale. Una prospettiva originale è quella di Concetto Martello, che per studiare la concezione che dell’anima e del corpo ha Guglielmo di Conches parte dalla discussione delle diverse età dell’uomo da parte dello chartriano. Un altro aspetto interessante del rapporto dell’anima con il corpo è il ruolo particolare che l’intelletto ha all’interno della psiche. Se l’anima nella sua totalità è normalmente vista come la forma del corpo, ad esso necessariamente legata (almeno nella vita terrena), il caso dell’intelletto è diverso, perché esso può essere concepito come sussistente indipendentemente dal corpo, dato che la sua attività è indipendente dall’uso di organi corporei. È questo, in particolare, l’argomento del saggio di Alessandra Beccarisi, la quale tratta della distinzione tra l’intelletto agente, quello possibile e quello passivo che Eckhart elabora come interpretazione della noetica averroista. Anche nel saggio di Petagine, però, ci si sofferma sull’interpretazione della teoria dell’intelletto di Averroè da parte di un autore latino, perché vi si ricorda che Caracciolo tiene a sottolineare che la potenzialità dell’intelletto averroista non ha niente a che fare con quella della materia.
Nonostante queste differenze di approccio, nei saggi qui raccolti si possono riscontrare delle tematiche comuni. Ne citerò cinque: la concezione dell’anima come principio, la questione della psiche come sostanza, l’importanza del concetto di potenza, la centralità della sensazione, e la ricerca relativa alle fonti greche ed arabe degli autori latini. Si può dire che in generale l’anima è vista dai pensatori medievali come principio tanto delle proprie operazioni quanto di quelle del corpo e di quelle del composto. A sottolineare il fatto che l’anima è principio dei propri atti è Giacomo da Viterbo, la cui teoria è ricostruita lucidamente da José Filipe Silva. In sintesi, Giacomo, concependo gli atti di cognizione come atti vitali, deve necessariamente giungere alla conclusione che si tratti di operazioni la cui causa è l’anima, perché gli atti vitali sono caratterizzati dal non avere un principio esterno. L’anima è la fonte di ogni fenomeno vitale, compresa la conoscenza. Fabrizio Amerini ricorda del resto che per Tommaso l’anima è principio anche degli atti del corpo, e in particolare del suo movimento. Entrambi gli autori citati, cioè Giacomo e Tommaso, ritengono poi che le attività comuni ad anima e corpo abbiano come principio la psiche. Parlando del dolore nel commento alle Sentenze, infatti, Tommaso afferma che, se la materia del dolore è il danno agli organi corporei, la forma, e quindi l’elemento più importante, è la sensazione come atto psichico di conoscenza. È, d’altronde, sviluppando questa concezione che Tommaso finisce per attribuire in opere successive il dolore non tanto al composto quanto alla sola anima (Amerini). Giacomo, dal canto suo, ritiene che, pur essendo la percezione sensibile un’operazione comune ad anima e corpo, è la psiche che ne è la vera causa (Silva).
Per essere principio degli atti del corpo e del composto, l’anima deve essere forma dell’essere umano nella sua totalità, secondo il dettato aristotelico. Alcuni autori, però, risentendo dell’influenza del platonismo, parlano dell’anima anche come di una sostanza, cioè come di qualcosa capace di sussistenza indipendente. È il caso in particolare di Guglielmo di Conches e di Giacomo da Viterbo. Guglielmo riprende infatti dal Timeo la concezione dell’anima umana come una sostanza strutturata matematicamente; questa natura accomuna del resto la psiche individuale all’anima del mondo (Martello). Giacomo è  influenzato invece, più che direttamente da Platone, dal platonismo dei pensatori agostiniani, da cui riprende l’idea dell’anima come sostanza. In particolare, Giacomo è interessato ai processi conoscitivi, e ciò lo porta non solo a definire l’anima come una sostanza cognitiva ma anche ad affermare che la psiche è perfezionata da ciascuna cognizione (Silva).